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Beato Angelo

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La Storia
I
dati biografici della vita del Beato alla luce dei dati scientifici rilevati durante la ricognizione dei resti fatta nel 1986, possono essere così fissati:
Nascita 1257. Noviziato 1279. Professione 1280. Partenza per Parigi 1283 ( a Parigi il B. Angelo restò 5 anni e fu ospitato nella casa dell' Ordine a Montmartre vicino alla porta di S. Eustachio).

Morte 6 febbraio 1327 a Napoli nel convento di S. Agostino alla Zecca.
La generosità dei concittadini gli ha edificato il Santuario per meglio guardare a lui, faro luminoso di Santità, e per imparare da lui a fare della fede l'asse portante della vita, lo stile del rapportarsi agli altri e alle cose che li circondano.Numerosi sono i pellegrini che ogni anno, ma soprattutto in occasione della festa di settembre, vanno a Furci per incontrare colui che, sulle orme di Cristo e lo stile di S. Agostino, fu fervente adoratore dell'Eucarestia, insegnante della verità evangelica, educatore e guida spirituale soprattutto dei giovani agostiniani.Chi sale a Furci va non solo per trovare un intercessore, ma anche e soprattutto un profeta che chiama alla conversione, un sacerdote che incita alla santità, un modello sublime e accessibile di fedeltà a Dio e d’amore ai fratelli.
A Furci vivevano nel 1200 Adalipto e Albazia dal loro amore, nel 1257, nacque Angelo. Quando i genitori lo chiamarono Angelo certamente non pensavano che l'amore personale di Dio per l'uomo é già scritto nel suo nome; il nome con cui Dio chiama ciascuno alla vita, alla vita in Cristo, alla comunione di vita nella Chiesa, ad una vocazione personale. Angelo ha sentito questa chiamata particolare, con cui é stato interpellato, e che gli ha fatto sentire d’essere oggetto d'amore unico e irrepetibile, per una missione già scritta nel nome con cui Dio l'ha chiamato alla vita.
Se non é facile ricercare la strada battuta dall'uomo nella sua adolescenza, lo é quasi impossibile a noi per il B. Angelo. "Beato, dice il saggio, chi, docile, si fa guidare dalla mano del Signore. Questi lo guiderà per la via della giustizia, in modo che pur costretto a camminare in mezzo a lacci ed insidie, giammai si allontanerà dalla retta via. "Certamente questo é stato per Angelo che si é affidato alle mani e al cuore di Dio che sceglie. Si é sentito chiamato a far parte delle stirpi d’Adamo e di Cristo, nuovo Adamo. Si é sentito chiamato a vivere l'appartenenza alla Chiesa, la dimora di Dio tra gli uomini. Si é sentito chiamato a piantare la Croce di Cristo sulla "Città dell'uomo", a consolazione di tutti. Si é sentito chiamato ad accendere il “cero pasquale” nel buio della storia, per motivare la speranza. Si é sentito chiamato ad operare il transito penitenziale della morte, con coraggio e pietà. Si é sentito chiamato per il cielo, a ricevere la "corona di gloria che non appassisce" (1Pt 5,4). A quest'ultima e definitiva chiamata si é impegnato a rispondere praticando le virtù del Regno, convinto che, a questa chiamata, non avrebbe potuto rispondere "adsum": presente! se non lo avesse meritato. Ha scelto, quindi, come primo compagno di vita Cristo e si é dedicato al servizio del Risorto. Ha annodato le reti con Cristo ed é uscito al largo per la pesca degli uomini.
Spiritualmente, penso, possiamo paragonare la vita del Beato a quella nube misteriosa che apparve al profeta Ezechiele. Una nube risplendente e compenetrata da un immenso globo di fuoco che irradiava innumere e brillantissime faville (cfr Ez 10,4).
Angelo é stato certamente plasmato dall'insegnamento e dall'esempio dei suoi genitori, timorati di Dio, gente semplice e lieta, di sani principi umani e religiosi, onesti e laboriosi, uniti tra loro e disponibili ad ogni bisogno del prossimo, amanti della pace e della cordiale amicizia, come tutte le genti d'Abruzzo. Non sappiamo come si svolgeva la loro vita religiosa, ma possiamo benissimo pensare che le loro giornate erano scandite secondo il calendario liturgico, delle sue feste e delle tradizioni locali. E' usanza a Furci e nella maggior parte dei paesi vicini, quando iniziano le belle giornate primaverili, fare pellegrinaggi (una volta a piedi duravano giorni, oggi con i pulman o in auto propria un giorno) ai santuari della zona (Sant’ Antonio in S. Buono; San Michele in Liscia; Mater Domini in Fraine; Madonna dei Miracoli in Casalbordino; Madonna delle Grazie in Monteodorisio) e anche in quelli che sono più lontani che tengono vivissima la devozione, soprattutto lungo la fascia adriatica (sul Gargano il celebre santuario delle apparizioni dell'Arcangelo Michele e, a Bari, San Nicola). Per secoli é stato così nei paesi, prima che i nuovi comportamenti cambiassero radicalmente i secolari costumi. E allora non fa meraviglia che, proprio a loro è toccato un figlio così straordinario. Già anziani, navigando ormai verso l'ultimo approdo, avendo ben chiaro davanti agli occhi ciò che conta e ciò che non conta nella vita, di questa ricca esperienza hanno fatto dono alla loro creatura.
Terminati i giorni felici dell'infanzia, Angelo fu affidato alle cure premurose di uno zio materno, un certo Monte, Abate nel vicino monastero benedettino di S. Angelo in Cornaclano, situato nel territorio di Fresagrandinaria, in località Guardiola, separato dal territorio di Furci dal fiume Treste. Attualmente il rudere della torre campanaria sorge ancora maestoso e solitario a breve distanza dalla riva destra del fiume Treste in amena località, circondato da boschi odorosi, da ortiche e piante di liquiriziaQuest’Abate godeva fama di dotto e santo monaco. Sicuramente fu ben lieto di prendere Angelo sotto il suo controllo per impartirgli non solo una cultura che gli aprisse molte strade nella vita, ma, forse, anche perché c'era l'interesse per una possibile vocazione religiosa. Il ragazzo portò a termine gli studi in letteratura e filosofia mostrando un ingegno di grandi speranze. Morto lo zio Abate, Angelo lascia Cornaclano e torna a Furci.
Possiamo immaginare come di fronte a un giovane colto e dotto molte famiglie avranno tentato di imparentarsi. Non sappiamo com’era d'aspetto, ma se cercavano di accalappiarlo, alle doti di scienza, doveva aggiungersi anche bellezza. Angelo, però, che non aveva mai guardato alle cose del mondo e aveva scoperto Dio come unico bene da ricercare e possedere, perché qualsiasi ricchezza al di fuori di Dio é solo miseria, decide di farsi religioso. Come colui che ha scoperto un gran tesoro e non ha interesse, a nessun'altra cosa fuorché a quel tesoro, Angelo mette in atto il disegno di Dio.
Sicuramente la sua vocazione non é nata all'improvviso; se non fosse stato pio e assiduo nella preghiera, se nella sua casa e nella sua chiesa non avesse imparato a sentire la voce del Signore che chiama, non avrebbe potuto rispondere con una donazione piena e totale a Colui che vuole tutto. Decide così di farsi religioso. I pii genitori, sicuramente, non hanno ostacolato questa scelta, l'avranno favorita, felici di rendere a Dio ciò che avevano ottenuto in donoDa Furci Angelo si diresse alla volta di Vasto per attuare la sua vocazione e chiese di essere ammesso a professare la regola di S. Agostino nel Convento di Vasto. E' probabile che fosse già conosciuto dalla Comunità del Convento e sicuramente fu grande la gioia e la meraviglia nel trovarsi davanti un giovane già istruito e colto, visto che in genere, l'istruzione era mediocre, e, quindi fosse accolto con sincera gioia e piena fiducia, certi che non li avrebbe delusi. Era l'anno 1279 quando Angelo inizia il noviziato, periodo di studio e di prova cui sono sottoposti i candidati prima di legarsi agli impegni della vita religiosa.
Fervente adoratore dell'Eucaristia non poteva non vivere la carità e come Agostino imparò ad amare e ad approfondire il tema della carità, così il B. Angelo si sforzò di essere tale quale era il suo amore, Cristo. Convinto che gli uomini non si distinguono secondo quello che sanno ma a quello che amano. E l'amore a Cristo e alla Chiesa ha reso leggero nel Beato tutto ciò che era pesante perché, come dice S. Agostino: "Chi ama non sente la fatica o se la sente, ama di sentirla" (De bono viduitatis 21/26), e rende nuove tutte le cose abituali. Perché l'amore, se rende servi quando é disordinato, fa liberi quando é retto, in pratica secondo le regole della giustizia. Con la carità si ha tutto e senza di lei a nulla valgono tutti i beni che si posseggono, ma la carità é anch'essa un dono di Dio: é lo Spirito Santo a diffonderlo nei cuori; bisogna implorarla con la preghiera perché se Dio concede alcuni doni anche a chi non prega, come l'inizio della fede, altri li dà solo a chi prega, così é della carità.
Già il tempo del noviziato mise in luce la santità del giovane Angelo il quale era ammirato anche dai religiosi più anziani del convento per il distacco dalle cose, l'ubbidienza, la preghiera e la penitenza.
Nel 1280 Angelo fa la professione religiosa, vale a dire consacra la sua vita al Signore nella Chiesa. Emessi i voti religiosi si dedica allo studio della teologia, e anche qui i superiori non poterono non notare la sua intelligenza che prometteva molto in quel tempo in cui la madre chiesa aveva bisogno di validi difensori della fede. Compiuti gli studi di teologia che lo hanno avvicinato, sicuramente, anche più alla santità, fu ordinato sacerdote e fu mandato alla Sorbona in Parigi.
Dopo i cinque anni trascorsi a Parigi, col grado di "Lector", pieno di dottrina e santità fa ritorno nella sua Provincia d'origine. Il Generale dell'Ordine, Beato Clemente da Osimo che aveva avuto modo di conoscerlo a Parigi apprezzando la sua scienza e la sua santità di vita, lo nomina "lettore primario" nello "Studia" di Napoli. Qui il Beato ha esercitato il suo ministero formando intellettualmente e spiritualmente i giovani agostiniani e non, perché la cattedra agostiniana di teologia era frequentata, oltre che dagli studenti dell'Ordine, anche dal clero secolare e dai laici.
Quando nel Capitolo Provinciale del 1291 fu scelto per essere Provinciale ci volle l'autorità del Generale, B. Clemente da Osimo, per fargli accettare, e lui accettò senza essere dispensato dall'insegnamento. Le sue qualità e le sue virtù tutti le notavano, ma lui restava sempre umile: per la sua grand’umiltà sembra abbia rifiutato per due volte l'episcopato, prima quello di Acerra e poi quello di Melfi (Cfr. Vita anonima,cap.V,n.25,p.931). L'amore alla Scrittura e la cura per la formazione dei giovani era tanto forte che nessun'altra cosa lo interessava.
Non sempre però la parola era sufficiente, quantunque infervorava gli animi per la sua schiettezza. L'uomo, lo sappiamo, è attratto dal meraviglioso e il miracolo, a volte, è più eloquente. Si racconta che tornato a Furci, sua terra natale, mentre predicava un ateo lo disprezzasse e schernendolo gli chiedeva di far apparire un albero d'arancio affinché credesse. La preghiera del Beato e la sua gran fede fece sì che spuntò dal pulpito un ramoscello d'arancio (Cfr. Processo della Curia Arciv. di Napoli). Per questo miracolo il Beato è rappresentato con un ramoscello d'arancio.
Il 6 febbraio 1327 Angelo da Furci, il "Lettore" umile, dopo un lungo servizio alla Parola, rendeva la sua anima a Dio. Il suo corpo veniva sepolto a modo di "Santo" nella Cappella del Presepio in S. Agostino alla Zecca a Napoli. La sua fama di santità si diffuse subito e molti sono stati sanati e guariti soprattutto spiritualmente. L’approvazione del culto c’è stato il 20 dicembre 1888 per opera di Papa Leone XIII.
Il 13 agosto 1808 le sue reliquie furono traslate da Napoli a Furci e collocate nella Chiesa Parrocchiale di S. Sabino Vescovo, dove sono rimaste fino al 1990 quando furono collocate nella Chiesa a Lui dedicata per rescritto pontificio di Papa Paolo VI del 1° giugno 1968. L’11 settembre 1993 la Chiesa del Beato, dopo lavori di trasformazione, è stata dedicata a Santuario da S. Ecc.za Rev. ma Mgr. Antonio Valentini Arcivescovo di Chieti-Vasto.
Nonostante i secoli trascorsi, si è mantenuta viva la memoria di questo venerato Religioso, che molti continuano ad invocare quale valido intercessore presso Dio. La sua testimonianza costituisce un concreto invito ad una vita d’autentica fede e di fedele adesione alla volontà del Signore. Volontà da conoscere attraverso lo studio della Scrittura.

don Michele Carlucci


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